Martedì, 08 Aprile 2014 00:00

Il Messaggio dei Grandi vecchi del Basket Italiano

Il Messaggio dei Grandi vecchi del Basket Italiano
Pieri, Gatti, Spinetti, Dal Pozzo, Albanese, Pomilio, Costanzo, Sarti, Cosmelli, Barlucchi, Conti, Rundo, Velluti, Merlati, Testoni, Falcomer, Galliano, Gilardi, Sbarra, Malachin, Brega, Devetag, Ticca, Severi, Santi, Antonelli, Antonella Cecatto, Ornella Speranza Coccia, Crippa, Nizza, Alberico, Mussini, Cerini, Andreussi, Magnoni, Bastianoni, Mauri, Rovacchi, Berrè, Paolo Laguardia, Pocaterra, Persichelli, Severi, Buttinelli, Freguglia, Raimondi, Marcone, Fucile, Martini, Bianchini, De Sisti, Capobianco, Puglisi, Calzoni, Di Antonio, Di Segni, Di Bucchianico, Flammini, Di Fonzo, Santino Piccolo, D'Arcangeli, Calzoni, Venuto, Degli Esposti, Petrucci, Acciari, Gianni Corsolini, Gaetano Laguardia, Guido Borghi, Morelli, Silvestri, Cilli, Paoletti, Barilari, Cappellari, Rossi, Blasetti, Marchese, Musacchia, Albanesi, Baldini, Cagnazzo, Fiorito, Tallone, Filippone, Ciamillo, Fallucca, Fabbricini, Romano Piccolo, e tanti altri ancora, scusandomi con coloro che non sono stati citati.
Leggeteli bene questi nomi: per la maggior parte hanno fatto la storia del basket. Hanno sessanta, settanta, ottanta anni, ex giocatori, allenatori, dirigenti, giornalisti: tutti hanno contribuito a scrivere le pagine più esaltanti della pallacanestro italiana, quelle che raccontano la crescita, il consolidamento, l'esplosione del nostro sport nel secolo scorso... e che portano con sè, nel cuore, l'amore per una disciplina che li mantiene gagliardi nel fisico, giovani nell'anima e tutti ancora strettamente legati alle vicende di questo nostro basket.
Lo scorso week end si sono riuniti a Roma, per il sesto raduno dei Maturi Baskettari, come si sono argutamente autodefiniti, vissuto su tre appuntamenti: l'udienza generale in Vaticano con Papa Francesco Bergoglio, il ricordo di Fratel Mario Grottanelli al Collegio de Merode, ed infine il convegno di sabato mattina al Palazzo delle Federazioni del Coni voluto per portare un contributo di esperienza e di saggezza nel momento più difficile della nostra pallacanestro.
Apprezzabili le parole di speranza e di fiducia del presidente Petrucci, più che condivisibili le argomentazioni di Valerio Bianchini, Luciano Acciari, Tony Cappellari, Cino Marchese, Gianni Corsolini, Guido Borghi. Nessuna presunzione di risolvere in un solo incontro i problemi, ma neanche nostalgici amarcord o la rivendicazione dei bei tempi passati: evidente per tutti che la società è cambiata e così anche il modo di interpretare lo sport. Tuttavia sono arrivati seri ed autorevoli richiami su alcuni temi di particolare attualità.
Il ruolo degli allenatori, ad esempio, la loro funzione, la loro visibilità: l'abdicazione alle funzioni di uomini-guida, di "parafulmine" della squadra, ma anche di insegnanti di basket. La trasformazione del basket da sport a spettacolo, rimasta incompiuta anche per la carenza di impianti. Il crescente disinteresse dei media dimostrato dalla scomparsa del basket nei grandi organi di informazione e, in modo coerente ed efficace, nei network televisivi, la babele delle lingue nello spogliatoio e delle regole al tavolo delle contrattazioni (tra deroghe, nuove formule e singolari escamotage).
Più in generale, il tramonto di una vera scuola italiana di pallacanestro, così come di una cultura di questo sport, anche se sintomi di recupero si avvertono, annunciati ad esempio dal pregevole lavoro di Andrea Capobianco ("Insegnare la pallacanestro"), presentato sabato scorso, e che sta a dimostrare un nuovo interesse per la ricerca e per la formazione, soprattutto, di tecnici disposti ad "insegnare" il basket prima ancora di "allenare" una squadra, comunque ad "investire" su se stessi sotto il profilo culturale.
La distinzione non è così peregrina, perché la figura del coach nel corso degli anni si è trasformata sempre più nell'immagine di un semplice gestore di situazioni tecniche che, frequentemente, non sono nemmeno state da lui create, privandolo quindi di quelle facoltà di programmazione, di pianificazione tecnica e di insegnamento che sole consentono di valutare la qualità e i risultati del suo impegno. La conseguenza è un'attività omologata, finalizzata al risultato ad ogni costo, perdendo di vista l'interesse generale del basket e della sua crescita.
Tony Cappellari, con la sua lunga esperienza di dirigente di club, ha lanciato un grido di allarme: se non si torna ad investire sui giocatori italiani e se non si torna a programmare sotto il profilo sia tecnico sia economico l'attività e i traguardi che si vogliono raggiungere, si spersonalizza sempre di più il gioco, si privano gli appassionati di punti e di personaggi di riferimento, si massifica l'interesse di chi è attratto da ben altri protagonisti.
Se il giocatore di basket più famoso è ancora Dino Meneghin, se l'unico cestista degli ultimi vent'anni capace di attirare l'attenzione di chi segue il basket è stato Gianmarco Pozzecco, se, cioè, non si è più capaci di creare personaggi, motivi di discussione, quindi di "comunicare" in modo incisivo, intrigante, penetrante, il basket è alle corde.
E' massiccia la concorrenza delle altre discipline, il calcio fagocita spazi e risorse: sotto questo aspetto la situazione, rispetto al secolo scorso, è profondamente cambiata, ma proprio per questo la pallacanestro deve ritrovare quella forza innovativa e quella capacità di comunicare che sono state alla base del suo boom. Certo, i risultati aiutano, ma non è che l'argento olimpico, uno dei massimi traguardi raggiungibili con la Nazionale, sia stato adeguatamente sfruttato sotto il profilo mediatico: anzi, proprio dopo Atene è cominciato il rapido declino.
Occasioni perdute dunque, e la necessità di cambiare registro, dando infine certezza e stabilità alle regole, eliminando situazioni di equivoco, riportando la gestione del massimo campionato a criteri oggettivi: l'istituzione, ad esempio, di una sola finestra di mercato (prendendo quel poco di buono che c'è da imitare nel calcio) a gennaio, eliminando le "sliding doors" che caratterizzano l'attuale impianto normativo per il quale ogni settimana è buona per prendere e cacciare giocatori, disorientando pubblico e allenatori e trasformando il campionato in un Grand Hotel con gente che va e gente che viene, in un flusso ininterrotto. Responsabilizzerebbe i club, darebbe un senso di ricerca, formazione e prospettiva al lavoro dei coach e non solo di gestione settimanale del gioco.
In sintesi: rivalutazione del ruolo degli allenatori; formazione dei giocatori italiani; sensibilizzazione per le esigenze e i problemi della base, serbatoio prezioso e indispensabile del vertice sotto il profilo sia tecnico sia passionale; normative certe e durevoli nel tempo per consentire (e rendere necessaria) la programmazione; incentivazione di una politica degli impianti da rendere più ampi e confortevoli; coinvolgimento maggiore dei media; formazione anche (e forse soprattutto) dei dirigenti; infine, educazione del pubblico. Questi i suggerimenti dei Maturi Baskettari, ai quali - rileggetevi i nomi, e ad essi vanno aggiunti quanti non hanno potuto prender parte al "raduno" - vanno sicuramente riconosciuti esperienza, saggezza, amore disinteressato per il basket.
Dai tavoli di dibattito al campo per sottolineare che la marcia di Milano non conosce più ostacoli, nemmeno in Europa dove ora "vede" la final four che ospiterà a maggio: sulla sua strada c'è il Maccabi piena di "ex italiani", dal coach Blatt a Blu (Bluthenthal), Ricky Hickman, Devin Smith e Alex Tyus, tutti giocatori valorizzati nel nostro campionato e volati poi ad altri lidi (l'esatto contrario di quanto accadeva un tempo). Ieri, intanto, regolando Cantù, ha portato a sei punti il suo vantaggio sulla seconda, assicurandosi di fatto la pole position nella griglia dei play off.
Ma attenzione, perché al secondo posto, in solitudine, c'è la Montepaschi. Già, proprio i campioni in carica che, a dispetto di tutti i guai di una società messa in liquidazione e destinata quindi ad un probabile scioglimento a fine stagione, va avanti con grande orgoglio ed altrettanta efficacia. Ieri ha battuto di misura Sassari (con Drake Diener fermo in panchina), anche se sul suo successo (82-81) grava un errore del tavolo che a 2"22 dalla fine del secondo parziale ha fermato il tempo dopo una conclusione al limite dei 24 secondi: pallone che si infrange sul ferro, rimbalzo regolare di Nelson e canestro, ma il cronometro doveva continuare a scorrere e quindi, probabilmente, il canestro sarebbe stato realizzato a tempo scaduto: due punti decisivi, come si vede dal punteggio, per la vittoria di Siena.
Ha l'affanno Brindisi, battuto da Montegranaro che all'andata le aveva inflitto la prima sconfitta interna e che potrebbe essersi guadagnata la salvezza con questo nuovo successo, e ce l'ha ancora di più Roma che ora sente sul collo il fiato di Reggio Emilia. Cremona in salvo, probabilmente condannando Pesaro, mentre Bologna prosegue la pur tardiva risalita (l'ottavo posto è però ancora alla sua portata) vincendo ad Avellino, in crisi come Venezia.
Fonte | Mario Arceri

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